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Oltraggio alla storia. La distruzione del Patrimonio del Vicino e Medio Oriente – Conferenza

  • Attività
  • 5 Settembre 2019
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ore 17.30 Le tragiche notizie delle recenti distruzioni di monumenti ed edifici emblematici della cultura di tanti Paesi del Vicino e Medio Oriente sono purtroppo ancora ben presenti nella nostra memoria collettiva. È un lungo elenco di devastazioni, che prende il via decenni orsono, ma riemerge in modo eclatante alla cronaca nel gennaio del 2015 con la demolizione mediante esplosivi della tomba del profeta Giona, a Mosul, presso le mura della città assira di Ninive, in Iraq, e delle due statue leonine alle porte di Raqqa, in Siria. Continua con la distruzione diffusa delle opere esposte nel museo archeologico di Mosul, divulgate su video grazie ai social media, molte delle quali provenienti dalle rovine della città partica di Hatra.

Sempre nel 2015 bulldozer vengono usati sul sito archeologico dell’antica città assira di Nimrud, nel nord dell'Iraq, cui segue l’abbattimento delle colonne del tempio di Bel a Palmira, in Siria, alle quali vengono legati coloro ritenuti nemici dell’autoproclamato Califfato.

Un oltraggio alla storia che ha coinvolto anche molte moschee e santuari, come i mausolei e i monumenti islamici sufi a Timbuctù, in Mali, e la sistematica distruzione di tutte le chiese cristiane nei territori controllati dallo Stato Islamico, tra cui le chiese di culto Assiriano, tra più i monumenti della cristianità in Medio Oriente. Fatte saltare con gli esplosivi anche la presunta tomba del profeta Daniele, quella del profeta Jirjis e il santuario dell’Imam Awn al-Din. Sotto la furia distruttrice del Califfato sono caduti anche i luoghi santi sciiti e sunniti, come il mausoleo sufi di Ahmed al-Rifai, la cosiddetta Tomba della Fanciulla (Qabr al-Bint) a Mosul e i santuari sufi vicino a Tripoli, in Libia. Episodi simili accadono in Siria e in Iraq, dove nel 2016 viene abbattuto il monastero di Sant'Elia a Mosul. Nel 2017 l’Isis colpisce anche il teatro romano di Palmira, spesso usato per esecuzioni sommarie.

Da questi tragici accadimenti, solo in parte elencati, trae spunto una riflessione nel tentativo di comprendere quali siano state le cause di tale accanimento contro la storia (passata e recente) e, in fondo, contro l’Umanità.

Vito Messina è professore associato di Archeologia e Storia dell’Arte iranica (Università di Torino). È condirettore della missione congiunta italo-iraniana in Khuzestan (Iran) e direttore dei progetti SigNet, Collezioni (in)visibili e Lost Hellenistic Sculptures of Mesopotamia and Iran, condotti in collaborazione con istituzioni internazionali. Ha partecipato a numerose campagne archeologiche in Iran, Iraq, Turkmenistan e Giordania; è stato visiting professor e ricercatore presso l'Università di Lion 2, l'Università di Roma La Sapienza e il Getty Research Institute di Los Angeles. È affiliato al Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino per il Medio Oriente e l'Asia e alla Societas Iranologica Europæa e membro dei comitati editoriali delle riviste Parthica, Open Archeology e Abstracta Iranica.

 

Ingresso gratuito fino a esaurimento posti.