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Paliotto
XIV secolo secondo quarto
legno di cembro scolpito in controvena dipinto, argentato e dorato
1063/L
Altezza: 100 cm, Lunghezza: 264 cm, Profondità: 11,5 cm
Incoronazione della Vergine; san Pietro; san Paolo; sant'Orso; sant'Agostino; santa Caterina; santa Margherita
Maestro della Madonna di Oropa (bottega)
Il centro del paliotto è occupato da un medaglione quadrilobato con l'Incoronazione della Vergine e quattro angeli agli angoli. Il corteo di santi di dispone ai lati, entro uno spazio architettonico ritmato da esili colonnine che sorreggono archi trilobati, a loro volta sormontati da cuspidi triangolari traforate: da sinistra si riconoscono santa Caterina, sant'Agostino, san Paolo, san Pietro, sant'Orso e santa Margherita
Il paliotto proviene dalla parrocchiale di Villeneuve in Valle d'Aosta. Un recente studio di don Paolo Papone ne ha individuato l'ubicazione originaria sull'altare maggiore della chiesa dei Santi Pietro e Orso ad Aosta, smantellato alla fine del Quattrocento per lasciare il posto al magnifico altare con le ante dipinte da Antoine de Lonhy voluto dal priore Giorgio di Challant. Come di consueto accadeva per manufatti di particolare pregio, verosimilmente il vecchio altare non fu eliminato, bensì smembrato, e le sue parti destinate a chiese del territorio; in seguito a questo processo di periferizzazione il paliotto dovette giungere nella chiesa di Villeneuve di cui, non a caso, Giorgio di Challant era parroco.

La provenienza ursina è confermata anche dall'iconografia che affianca Pietro e Orso, titolari della collegiata, mentre nel santo vescovo barbato rappresentato a sinistra, già identificato come Grato pur senza averne gli attributi caratteristici, è più verosimilmente riconoscibile Agostino, santo che nella storia della collegiata ha un'importanza particolare (nel 1132 il Capitolo era stato riformato con l'introduzione della vita canonicale sotto la regola agostiniana).

L'opera appartiene a un cospicuo gruppo di rilievi istoriati e statue coerenti dal punto di vista stilistico e provenienti dalla Valle d’Aosta, che tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, quando molte chiese della Valle rinnovarono i propri arredi, passarono sul mercato antiquario ed entrarono in Museo. L’insieme è stato concordemente datato alla metà del Trecento fino a quando, sviluppando un suggerimento di G. Romano (1979), E. Rossetti Brezzi lo ha ricondotto alla maniera della Vergine del santuario di Oropa, verosimilmente donata al santuario dal vescovo di Vercelli, il valdostano Aimone di Challant, in occasione della consacrazione della chiesa di Santa Maria di Oropa nel 1294. La produzione di questa grande bottega, che a cavallo del secolo dovette produrre paliotti, ancone e croci da arco trionfale destinate a chiese sparse su tutto il territorio della Valle, rappresenta l'aggiornamento subalpino alle suggestioni del linguaggio gotico maturo proveniente dalla Francia settentrionale. Il successo dei modelli transalpini anche al di qua delle Alpi è dimostrato da due monumenti chiave del Gotico piemontese di stretta derivazione francese: gli affreschi del coro vecchio delle Precettoria di Sant'Antonio di Ranverso e quelle della canonica di Santa Maria di Vezzolano, entrambi evocati in relazione al paliotto (G. Romano 1986). Oltre ai tratti fisionomici dei volti, dall'identica espressione sorridente e un po' vaga, dati formali ricorrenti nella produzione di questo atelier sono l'estrema raffinatezza dell'intaglio e l’attenzione minuziosa per i dettagli descrittivi, come i tessuti decorati: ne emerge un repertorio straordinario di stoffe preziose, ornate da minuti motivi geometrici, che costituiscono – assieme all'intensa cromia dominata dai toni del rosso arancio, verde e azzurro accanto al bianco – la cifra caratteristica della bottega. La cronologia prossima al 1295 proposta dalla Rossetti Brezzi per i rilievi più antichi della serie, tra cui questo paliotto e l’ancona proveniente da Carema anch’essa in Museo (1053/L), è stata recentemente messa in discussione da M. Tomasi (2013) e posticipata al secondo quarto del Trecento, sulla base dei dati della moda e dei confronti con le pale d’altare francesi del XIV secolo, analogamente caratterizzate dal formato rettangolare allungato, dalla scansione delle scene tramite elementi architettonici, dalla complessità delle composizioni e la ricchezza di dettagli narrativi.
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