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Dipinto
1465-1470
tempera e oro su tavola, trasportata su tela
0470/D
Altezza: 172 cm, Larghezza: 82 cm, Cornice Passpartout: 186,5 x 99,7 x 9 cm, Profondità: 3,5 cm
Trinità e angelo piangente
De Lonhy Antoine
L'Eterno sostiene Cristo, un angelo piangente ed una colomba assistono alla scena. Cornice lignea, dorata, intagliata, con cornici ad ovuli e dardi, olive e chicchi, moderna.
La tavola è stata al centro di una delle più importanti ricostruzioni storiche del secondo Novecento, che ha consentito di identificare con il nome di Antoine de Lonhy un grande artista al servizio dei committenti più raffinati e prestigiosi della seconda metà del XV secolo, attivo nel campo della miniatura, della vetrata, della pittura su tavola e su muro. Sulla base degli indizi documentari e di documenti figurativi - ancora presenti in Francia (Autun e Toulose), in Spagna (Barcellona), in Piemonte e in Savoia - si è potuto ricostruire il percorso internazionale che dall'originaria Borgogna avrebbe portato l'artista, dopo soste a Tolosa e a Barcellona, negli Stati sabaudi, dove è documentato a partire dal 1462 (quando è presente al castello ducale di Avigliana) fino alla fine del XV secolo.

Inserito per tempo nella circolazione culturale che nel XV secolo lega il Piemonte alle regioni oltralpine, il dipinto è stato collegato da C. Sterling (1972) a un primo nucleo di opere stilisticamente omogenee, riconducibili a un medesimo anonimo maestro di matrice franco-borgognona attivo nell'area tra Piemonte e Savoia. All'interno del corpus, ulteriormente arricchito, G. Romano (1977) distingueva due mani, una di più intensa capacità espressiva, responsabile della Trinità, e un'altra meno raffinata, cui spettano tra l'altro la Sant'Anna del Duomo di Torino.

Le ricerche congiunte di F. Avril e Romano porteranno, tra 1988 e '89, a ricongiungere i due maestri nella personalità di Antoine de Lonhy.

Dell'attività di Antoine de Lonhy in Piemonte rimangono numerose testimonianze. Nell'ambito miniatorio gli si possono sicuramente restituire il completamento delle "Ore di Saluzzo" (c. 1465; British Library, Londra), le "Heures à l'usage de Rome" alla Walters Art Gallery di Baltimora (c. 1470), il "Breve dicendorum compendium" composto verso il 1477 su richiesta della duchessa Jolanda di Savoia vedova di Amedeo IX (Biblioteca Nazionale di Torino), e il graduale domenicano di Detroit (Institute of Fine Arts).

La pittura murale è attestata dal frammento con la Pietà in Museo, di provenienza verosimilmente valsusina o aviglianese ((428/D, c. 1480), dalla figura del beato Amedeo IX nel duomo di Torino (post 1474) e dal ciclo nella cappella Provana della chiesa abbaziale della Novalesa, databile al settimo-ottavo decennio del secolo, mentre i santi benedettini affrescati nel presbiterio della stessa chiesa sembrano appartenere a una fase più tarda.

Più cospicuo il corpus della pittura su tavola, afferente alla produzione di pale d'altare e polittici che almeno in parte possiamo ricostruire. Al settimo-ottavo decennio del secolo si possono ricondurre un primo polittico destinato a una chiesa domenicana, già nella collezione Molinari a Cremona e oggi disperso, si conservano la Natività centrale (Anversa, Museo van den Bergh) e quattro figure di santi; di un secondo è pervenuto un Sant'Antonio Abate con donatrice oggi in collezione svizzera; di un terzo resta la tavola centrale con san Francesco, già nella chiesa di Battagliotti presso Avigliana e oggi in deposito presso la Galleria Sabauda; dalla predella di un quarto ipotetico polittico provengono le sei tavolette con gli apostoli in Museo (inv. 5). L'attività tarda del maestro è testimoniata dal grande polittico voluto dal priore Giorgio di Challant per l'altare maggiore della chiesa dei Santi Pietro e Orso di Aosta, del quale si conservano vari frammenti pittorici e sculture lignee, tra cui in Museo la predella (1059/L) e due angeli (752/L) che sorreggevano il gruppo centrale dell'Assunta; dal Sant'Agostino in trono già nella collezione Podio di Bologna; dalla tavola con sant'Anna ora nella sacrestia del duomo di Torino (1480-1490); dal polittico mariano datato 1490 (ma l'autenticità della data è stata più volte messa in discussione) da cui provengono le ante con la Presentazione del Bambino al tempio di Greenville (Bob Jones University) e con la Morte della Vergine già nella collezione torinese Balbo Bertone; e da quello molto malandato già nella chiesa abbaziale e oggi nella chiesa di Santo Stefano alla Novalesa, realizzato con l'intervento aiuti sul crinale del 1500. A queste opere si possono ancora aggiungere la tavoletta con santa Maria Maddalena già in collezione Pozzallo a Oulx (c. 1490) e il frammento con la testa di san Francesco di recente apparso sul mercato antiquario e ora in collezione Pozzallo.

Vertice qualitativo nella parabola creativa di Antoine de Lonhy, la tavola della Trinità si presenta oggi incompleta a causa di ampie decurtazioni su tutti i lati, soprattutto il destro, dove in origine, per simmetria, la composizione accoglieva probabilmente la figura di un altro angelo piangente al lato dell'edicola centrale.

L’esistenza di un altare della Trinità documentata negli inventari del duomo di Torino ha fatto supporre che la tavola appartenesse, come la Sant’Anna, all’arredo della chiesa precedente alla ricostruzione promossa alla fine del secolo dal vescovo Domenico della Rovere: una conferma in tal senso sarebbe potuta provenire dall’identificazione dello stemma in primo piano in basso, purtroppo ormai non più leggibile.

L’assegnazione del dipinto al primo momento piemontese di Antoine de Lonhy formulata da Romano è oggi accettata dalla maggior parte della critica.
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