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Cinque domande a…
Cinque domande a…
Maurizio Vivarelli
@mvivarelli
PROFESSORE DI ARCHIVISTICA, BIBLIOGRAFIA E BIBLIOTECONOMIA PRESSO LA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA DELL'UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO. DAL 1999 AL 2007 HA DIRETTO IL SERVIZIO BIBLIOTECHE E ATTIVITÀ CULTURALI DEL COMUNE DI PISTOIA, COORDINANDO LE ATTIVITÀ COLLEGATE ALLA INAUGURAZIONE DELLA NUOVA BIBLIOTECA SAN GIORGIO. MEMBRO DEL COMITATO DI DIREZIONE DELLA RIVISTA «CULTURE DEL TESTO E DEL DOCUMENTO», DEL COMITATO SCIENTIFICO DEL «BOLLETTINO AIB», DEL COMITATO DIRETTIVO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI BIBLIOGRAFIA E BIBLIOTECONOMIA. HA PUBBLICATO DI RECENTE UN’IDEA DI BIBLIOTECA. LO SPAZIO BIBLIOGRAFICO DELLA BIBLIOTECA PUBBLICA. MANZIANA, VECCHIARELLI, 2010.
Professor Vivarelli, nel suo lavoro si è spesso occupato del rapporto tra tecnologia e memoria, con riferimento particolare al ruolo delle biblioteche, degli archivi, dei musei, che si occupano della conservazione e della gestione della memoria culturale. Quali sono gli strumenti tecnologici che, a suo parere, possono favorire la connessione e la integrazione tra queste istituzioni della memoria?
Credo che, prima ancora degli strumenti, sia necessario, oggi più che mai, una riflessione articolata, approfondita, interdisciplinare sulla ‘memoria’, e sulla ‘memoria culturale’ in particolare. Lo sviluppo impetuoso delle tecnologie dell’informazione, nel corso degli ultimi anni, ha messo in crisi alcuni dei concetti fondamentali su cui si fondano le pratiche disciplinari della biblioteconomia, dell’archivistica e della museologia, primo tra tutti il concetto di ‘documento’: oramai non è così chiaro quali siano gli oggetti culturali cui attribuire caratteri, più o meno forti e spiccati, di documentarietà. In ogni caso credo che potrebbe essere molto utile ed importante lavorare alla sperimentazione ed alla progettazione di tecnologie che sappiano radicarsi nello spazio culturale delle istituzioni della memoria, e che permettano di capire meglio quali relazioni interpretative si situino tra le intenzioni di chi ‘ordina’ lo spazio delle istituzioni della memoria e quelle di chi quello spazio lo recepisce e lo utilizza.
Oggi le istituzioni culturali, insieme all’economia globale del paese, sono strette in un crunch quasi mortale, tra tagli di fondi, razionalizzazioni e perdita di pubblico. Qual è, secondo lei, la strategia da seguire per continuare a pianificare sul lungo periodo, e quali obiettivi indicherebbe come imprescindibili per il prossimo biennio?
Direi, in primo luogo, che non serve a nulla piangersi addosso. Biblioteche, archivi, musei, devono anzitutto prender atto del contesto certamente non favorevole entro il quale si situano, ed all’interno del quale si profilano purtroppo insidie e rischi ancora più problematici di quelli che investono gli istituti cui è affidata la gestione e la valorizzazione della memoria culturale. Nel breve periodo che credo che la cooperazione e la collaborazione tra istituti possano garantire risultati significativi; nel medio periodo credo invece che sia indispensabile la messa a punto, e la condivisione, di modelli interpretativi radicalmente nuovi. Quanto agli obiettivi credo che gli istituti della memoria e più in generale della cultura debbano in primo luogo far percepire, e comunicare, l’imprescindibile rilevanza della propria identità; poi che sappiano meglio integrare le proprie risorse documentarie ed infine che si attrezzino meglio per governare una complessità sempre crescente.
Parliamo di futuro, e dunque di formazione: che consiglio darebbe a un giovane che oggi si sta formando per lavorare nel settore culturale?
Gli consiglierei, come faccio quotidianamente con i miei studenti, di cercare di coltivare la tenacia e la pazienza che servono per situarsi, criticamente e consapevolmente, in ambienti culturali ed organizzativi che hanno alle spalle una storia complessa, e che in questo periodo sono caratterizzati tra trasformazioni radicali, molto rapide, e rispetto alle quali è difficile fare previsioni. Dunque anzitutto studiare, tanto e con impegno, cercando nello stesso tempo di far crescere orientamenti ed atteggiamenti che valorizzino le proprie peculiari attitudini.
Professioni:
la carta ICOM
è, fino ad oggi, l'unico documento che stili un elenco ragionato relativamente ai musei. Qual è la situazione delle biblioteche? Secondo la sua esperienza sarebbe necessaria una revisione delle professioni della cultura?
La situazione nel campo delle biblioteche non dispone di uno strumento di orientamento analogo, e credo che realizzarlo sarebbe senz’altro molto utile. Ma, soprattutto, credo che sarebbe importante impostare un ragionamento, ampio ed articolato, che rispetto ai temi della formazione di base ed a quella tecnico-disciplinare sappia far dialogare in modo costruttivo università, associazioni professionali, Stato ed enti locali. Se non riusciamo a costruire una filiera formativa integrata è poso probabile che si possano ottenere risultati importanti.
Tre consigli per i nostri lettori: un museo da visitare, un libro da leggere, una rivista o blog da seguire:
Direi il Museo Galileo di Firenze, che di recente ha profondamente innovato il modo di comunicare collezioni e temi di straordinario rilievo. Tra i libri direi
Ricordare, dimenticare, perdonare
di Paul Ricoeur (Il Mulino, 2004), fondamentale secondo me per capire la complessità e la ricchezza della memoria. Quanto ai blog ne seguo molti, anche se in modo piuttosto irregolare. Ce ne sono molti di interessanti, come
Finzioni
(
http://www.finzionimagazine.it/about/
), o
Books Blog
(
http://www.booksblog.it/
).
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