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Marketing e musei

Questo post inaugura la collaborazione con un nuovo autore: Alessandro Isaia, responsabile comunicazione, web e marketing della Fondazione Torino Musei. Alessandro ci parlerà di strategie e casi studio, portando esempi teorici e pratici di cosa vogliono dire le parole "marketing" e "comunicazione" per un'istituzione culturale.

Chi opera nel settore museale sente spesso ripetere che, per far fronte alla crisi di risorse che attanaglia l’intera economia, e dunque anche la cultura, i musei devono “fare più marketing”. Poiché però sono ancora pochi i musei italiani dotati di strategie e professionalità specifiche, il risultato è che molto spesso, si prendono in prestito da altri settori, dove il marketing è scienza economica ben strutturata, pratiche che non sempre sono adatte ad ottenere i risultati attesi. Pensare che una pratica efficace per incrementare la vendita di un prodotto, ad esempio un libro, sia altrettanto efficace per la vendita di un altro, ad esempio una mostra, soltanto perché entrambe sono prodotti culturali è un po’come dire che il calcio e la pallavolo sono la stessa cosa. Entrambe si giocano con la palla, ci sono due squadre e si deve fare almeno un punto in più dell’altra per vincere. Peccato che se un giocatore di calcio schiaccia la palla con la mano nel campo altrui, non solo non fa punto, ma viene punito con il cartellino giallo, così come se un giocatore di pallavolo calcia la palla in rete, addirittura il punto va all’altra squadra…Insomma, per proseguire con la metafora sportiva, è innanzitutto fondamentale capire le regole del gioco e tutto ciò che potrebbe condizionare la performance, verificare i punti di forza e di debolezza della propria squadra e quelli della squadra avversaria e soltanto a quel punto si può individuare la strategia migliore per tentare di vincere.

Si tratta, pertanto di adottare anche in ambito museale quegli elementi fondamentali che stanno alla base della teoria del marketing e che sono ben descritti nel sempre attuale testo (almeno nella sua parte teorica), Marketing dei Musei di Neil e Philip Kotler.

Cerchiamo pertanto di capire cosa si intende esattamente con il termine Marketing: significa letteralmente "piazzare sul mercato" e comprende quindi tutte le azioni riferibili ad esso destinate al piazzamento di prodotti, considerando come finalità il maggiore profitto e come causalità la possibilità di avere prodotti capaci di realizzare tale operazione finanziaria.

La teoria, inoltre, sottolinea l’importanza di due fasi propedeutiche alla definizione di una qualsiasi strategia: la prima riguarda l’analisi dell’ambiente in cui si opera e dunque dei fattori che potrebbero influenzare una qualsiasi azione, la seconda riguarda invece la massima chiarezza nella definizione della missione e dei traguardi che si intendono raggiungere.

Bisognerà pertanto considerare e valutare l’ambiente interno (consiglio direttivo, direttore, staff, ecc.), l’ambiente del mercato (visitatori, membri, media ecc. con i quali il museo lavora per realizzare la propria missione), l’ambiente normativo (enti governativi, normativi e di accreditamento con i quali il museo si relaziona per l’attuazione o la definizione di norme o regolamenti), l’ambiente concorrenziale (i gruppi e le organizzazioni che competono con il museo in termini di pubblico e risorse) e in ultimo l’ambiente generale (le forze e le condizioni demografiche, economiche, tecnologiche, politiche e sociali che modellano le opportunità e le minacce che il museo deve affrontare ma che esulano dal suo controllo).

Altra analisi fondamentale (che spesso viene sottovalutata) è quella riguardante punti di forza e di debolezza del museo. I punti di debolezza possono diventare punti di forza se vi è la capacità di analisi e di riorganizzazione di un intero processo. Terminata la fase di analisi si dovrebbe passare, come si diceva, all’individuazione della missione e dei traguardi.

La missione è ciò che risponde alla domanda: qual è lo scopo della nostra organizzazione? Cosa vi è di specifico in ciò che facciamo? Da non confondersi con la visione che invece è ciò che il museo vuole essere o diventare.

Definita la missione, l’organizzazione dovrebbe, a questo punto, individuare gli obiettivi specifici (ad esempio l’incremento dei visitatori, l’espansione delle collezioni, il miglioramento dei servizi, l’incremento degli sponsor, ecc.) e dare ad essi una scala di priorità e una tempistica di realizzazione, componendola con il frutto delle analisi precedentemente svolte.

A questo punto, gli obiettivi dovrebbero essere riformulati in termini operativi e quantificabili, comunemente definiti traguardi. Senza dei traguardi precisi (incremento del 10% dei visitatori?, ecc.) non è possibile individuare le strategie necessarie per raggiungerli e soprattutto non è possibile misurare l’efficacia delle azioni che si andranno ad implementare. Tutto ciò deve portare all’elaborazione di un progetto organizzativo, ovvero quel processo che accorda la struttura, lo staff e la cultura organizzativa di un piano strategico generale. Tale fase dovrebbe coinvolgere tutte le figure professionali operanti nel museo (dal conservatore al responsabile marketing) e quasi obbligatoriamente, nell’applicazione di una strategia nuova, si rende necessaria una nuova organizzazione della struttura.

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Questo, in estrema sintesi, è l’approccio che si dovrebbe tenere nel momento in cui un museo decidesse di “fare più marketing”. E’ piuttosto palese che, come sempre, dalla teoria alla pratica le cose cambiano e molto…In linea di massima le difficoltà maggiori sono legate alla relativa distanza che ancora esiste tra mercato (o marketing) e musei e dalla poca commistione tra il mondo della cultura e quello dell’impresa. Quando si tenta di avvicinarli senza un’analisi critica, spesso si opera una forzatura e i risultati sono scarsamente efficaci. Probabilmente bisognerebbe partire dal presupposto che un museo, in quanto tale, ha il pubblico come destinatario delle proprie attività, esattamente come qualsiasi attività di marketing prevede l’esistenza di un compratore. In pratica, pertanto, tutto ciò che fa un museo è marketing poiché destinato ad un mercato, seppur con un’accezione diversa da quella prettamente economica. Inoltre non si può dimenticare che sempre di più, oggi, i musei sono strutture complesse e come tali andrebbero organizzati. Le competenze sono sempre più specifiche e i saperi si intrecciano e si completano. Più che dire, pertanto, che un museo “deve fare più marketing” bisognerebbe comprendere come un museo può oggi modificare il proprio modello organizzativo. Sicuramente, in tal senso, un processo di contaminazione con altri modelli, apparentemente più distanti, operato senza mai perdere di vista la propria storia e la propria missione, è il primo passo per evitare di rimanere ai margini di un cambiamento che sta interessando tutti gli ambiti della società moderna.

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